Quando si tratta di Benessere non si può non parlare di
alimentazione. Tralasciando scelte personali o ideologiche, la qualità di ciò
che si mangia ha una importanza decisiva.
La risposta e la speranza sono state riposte nel BIOLOGICO in tutta la sua
filiera, dai semi ai foraggi, dai concimi alla lotta antiparassitaria.
L’idea del “Biologico per tutti” è sembrata diventare una
possibilità ma Il successo stesso della diffusione del Bio rischia di diventare
la principale causa della sua fine.
Oggi i prodotti bio
sono usciti dalla nicchia, il settore si è dato strutture professionali: i
produttori hanno creato associazioni, hanno aperto nuovi canali di vendita,
hanno introdotto nuove modalità di gestione e strategie di marketing. Nelle
maggiori città sono spuntati come funghi catene di negozi e supermercati bio.
Alcune catene della grande distribuzione
hanno creato proprie linee di prodotti biologici, hanno cominciato a
venderli persino i discount.
Quella che
era sembrata la transizione verso il “biologico per tutti” si è trasformata in
una maledizione.
Il settore
sta imboccando rapidamente la strada che conduce alla trappola della “convenzionalizzazione”.
Questo perché il mercato esige un certo
volume di produzione e questo si può ottenere soltanto rinunciando ai valori e
ideali del bio, nato come alternativa a una industria agroalimentare che
considera la terra e gli animali solo mezzi di produzione facilmente
sfruttabili.
I prodotti
bio per il consumo di massa diventano
anonimi e con l’identità
scompaiono anche i valori del movimento, mentre frodi e scandali stanno rovinando la reputazione del
settore. Certo i controlli sono diventati più severi, ma i proprietari di
terreni coltivabili rischiano di restare soffocati dalla burocrazia. Fino a
pochi anni fa la produzione bio si contrapponeva all’agricoltura industriale
come una idea diversa di sviluppo, ma ora mai rischia di ridursi a semplice
tecnica di produzione alternativa. Oggi gran parte del settore è più vicina al
nemico che all’idea originaria di agricoltura sostenibile.
Quanto più si farà forte la domanda tanto più l’agricoltura
biologia rischia di allontanarsi dalla sua idea originale : chi produrrà
biologico di massa inevitabilmente dovrà voltare le spalle all’idea di piccola
azienda agricola con polli, maiali e vacche felici.
E questo ha come conseguenza le contraffazioni e gli
scandali hanno iniziato a screditare il settore, nel 2011 a Verona, la guardia
di finanza, dopo 4 anni di indagini, ha sequestrato 2.500 tonnellate di
presunti prodotti biologici, in prevalenza mangimi e cereali, ma anche frutta
fresca, provenivano da aziende agricole convenzionate, i contraffattori non
erano ne agricoltori biologici ne produttori, lavoravano tutti come importatori
e come verificatori, alla frode hanno partecipato proprio coloro che dovevano
verificare l’attendibilità dei prodotti. Venticinque anni fa i certificatori
erano molto motivati, sono stati i pionieri dell’agricoltura biologica. Erano
loro stessi agricoltori e volevano diffondere le loro conoscenze tra i
contadini. Oggi invece si tratta per lo più di burocrati che nel peggiore dei
casi falsificano documenti per ottenere un profitto personale.
Eppure è solo nel
Biologico che si può riporre la speranza per una alimentazione non manipolata
dalle grandi aziende multinazionali che vogliono imporre il controllo delle
sementi, certificandole e brevettandole attraverso la manipolazione genetica
per obbligare produttori e consumatori a consumare ciò che vogliono loro. Affinche l’agricoltura biologica sia una
valida alternativa l’unica soluzione è
politica, l’agricoltura biologica deve diventare il modello standard di
agricoltura. Le politiche vanno riformate ed invece di mantenere il biologico
in una nicchia, vanno rese più severe le leggi che regolamentano l’agricoltura
convenzionale creando una convergenza con le direttive sul biologico.
Nessun commento:
Posta un commento